RECENSIONE 'LA VITA A VOLTE CAPITA' DI LORENZO MARONE - FELTRINELLI

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La vita a volte capita * Lorenzo Marone * Feltrinelli * pagg. 320



Brontolone, cinico, pigro, bugiardo: è così che si potrebbe descrivere Cesare Annunziata. Come quella volta in cui, per attaccare bottone con la sua futura moglie, si era inventato di possedere una collezione di scatolette di fiammiferi per poi essere costretto per oltre cinquant’anni a collezionarle davvero. Ormai vedovo e ottantenne, con mille acciacchi e le giornate vuote, Cesare si trova ad affrontare un agosto in città. Nel condominio al Vomero sono rimasti in pochi: c’è la dirimpettaia gattara, ossessionata dalla telecamera al pianterreno; l’amico di una vita con cui Cesare gioca la stessa partita di scacchi da anni; e Lady Blonde, un’adolescente che non si stacca mai dal cellulare. E soprattutto ci sono i ricordi, ricordi subdoli che si insinuano dappertutto. Proprio lui che si è sempre dichiarato immune ai sensi di colpa, ora si trova a fare i conti con mille domande. E se nella vita fosse stato più risoluto, dolce e accogliente? Se avesse trovato il coraggio di lasciare la moglie? Se avesse passato più tempo con i figli? Se, in definitiva, avesse sbagliato tutto? Finché un giorno, nel parco in cui è solito portare Batman, il cane affidatogli dalla figlia, Cesare nota una ragazza dai capelli corti spruzzati di viola. Si chiama Iris e ha negli occhi qualcosa di fragile e familiare. È l’inizio di una goffa ma tenera amicizia, in cui Cesare trova inaspettatamente conforto. D’un tratto, ci sono persone di cui deve, e vuole, occuparsi, e questo lo fa sentire felice. D’un tratto, non c’è più da rimuginare, ma da agire, da aiutare. Perché la vita a volte capita quando meno te lo aspetti, e bisogna trovare il coraggio di afferrarla al volo.



Lessi "La tentazione di essere felici" diversi anni fa spinta, oserei dire costretta, da La Libridinosa che, nell'apprendere la mia lacuna maroniana, non mi ha quasi parlato fino a quando non l'ho letto.
La conoscenza di Cesare è stata arricchente e il finale non aveva lasciato margine a possibili seguiti e così, la figura di questo strano signore, era rimasta per me già ben definita. 

La notizia di un nuovo romanzo che lo vedeva protagonista ha suscitato in me paure e riflessioni. Paura che la "maledizione dei seguiti" potesse colpire anche Cesare (spesso sono dettati più che da una vera ispirazione dell'autore, da una pressione commerciale da parte della casa editrice sullo scrittore). La riflessione invece scaturita è stata: "Ma cosa ci sarà mai ancora da raccontare su Cesare?"

Ebbene, Lorenzo Marone risponde appieno a questo interrogativo, con un romanzo carico di cose da dirci sul solitario signore napoletano.
Dopo aver affrontato una situazione delicatissima vissuta dalla sua giovane vicina, Cesare sembra precipitare in quella inutilità e solitudine che, in realtà, ha sempre ricercato per non vedersi rompere le scatole. Eppure, giorno dopo giorno, riappare piano piano la voglia di sentirsi ancora necessario. Il suo "io" che per tanti anni ha fatto da padrone con l'assoluta prerogativa di essere l'unico a dover vivere senza preoccuparsi delle esistenze  altrui, si trova affiancato da quella vocina che conta i giorni rimasti perché meno di quelli vissuti. 
Cesare che si rende conto di aver avuto una semplice esistenza con Caterina, di essere stato solo un genitore, con Sveva e Dante, ripercorre gli anni passati con la consapevolezza di aver sbagliato più di qualcosa, ma lui non cade mai nel rimorso, quello doloroso che potrebbe portare a non vivere più. 

Oggi invece la poesia la vedo ovunque, e però non mi aiuta a stare meglio, anzi mi fa sprofondare ancor di più scorgere attorno a me tanta bellezza, perché mi ricorda che siamo effimeri, noi come la farfalle, come i fiori o i gabbiani, mi ricorda tutto ciò che perderemo. 

Inconsciamente, semplicemente perché non lo ammetterebbe mai, cerca di vivere colmando il vuoto che si è costruito con lo spendersi per cause che potrebbero  stravolgere la vita altrui, ma sempre con i suoi filtri. 
Cesare cerca di reagire, spingendo gli altri a non cadere nel pericolo di non aver vissuto.

Non è una questione di fede, è che invecchiando ho capito che le cose ci debbono stare a cuore, che fregarsene rende sconfitti

Nuovi personaggi entrano nella sua quotidianità per colorarla di tinte a lui sconosciute o mai considerate; lo portano a fare riflessioni e considerazioni sui temi più svariati e a fargli rendere conto di come avrebbe potuto seminare saggezza anche nei tempi passati. 
Anche qui Cesare ha uno scopo da raggiungere, una persona da aiutare e a cui dare consigli. Sono queste missioni che sembrano tenerlo in vita. Lo tengono così occupato da non ascoltare i segnali che il suo corpo da ottantenne gli lancia. 

Il romanzo assume i connotati di un viaggio altamente introspettivo. Cesare entra così tanto in sé stesso che arriva a farsi quasi dei mea culpa, soprattutto nel rapporto con Caterina. Ritengo che sia assolutamente necessario leggere il primo libro  per poter comprendere il Cesare del secondo. Leggere direttamente La vita a volte capita, potrebbe portare a una visione distorta e non completa del vero Cesare. Si rischierebbe di definirlo noioso se non si conoscessero le dinamiche antecedenti a quelle del secondo romanzo. 

Devo dire che Marone mi ha fatto sentire la nostalgia di quel Cesare i cui spigoli erano vivi, ma mi rendo conto che continuare con quel Cesare avrebbe significato farci leggere una forzatura e una storia poco credibile. 
Non ci si può stancare di Cesare. Marone non ci fa stancare. L'autore continua a incantare e, fortunatamente, la maledizione del seguito non ha attecchito. Mi ha travolto con quanto aveva conservato in questi anni, ma non è stata una cascata impetuosa. È stato piacevole ritrovare Cesare, ma è doloroso non poterlo abbracciare. Chissà se poi, accetterebbe un abbraccio, il mio. 




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