Recensione 'Tutti i particolari in cronaca' di Antonio Manzini - Mondadori

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Tutti i particolari in cronaca * Antonio Manzini * Mondadori * pagg. 304



La corsa all'alba, la colazione al bar, poi nove ore di lavoro all'archivio del tribunale, una cena piena di silenzi e la luce spenta alle dieci: Carlo Cappai è l'incarnazione della metodicità, della solitudine. Dell'ordinarietà. Nessuno sospetta che ai suoi occhi quel labirinto di scatole, schede e cartelle non sia affatto carta morta. Tutto il contrario: quei faldoni parlano, a volte gridano la loro verità inascoltata, la loro richiesta di giustizia. Sono i casi in cui, infatti, il tribunale ha fallito, e i colpevoli sono stati assolti "per non aver commesso il fatto" – in realtà per i soliti, meschini imbrogli di potere. Cappai, semplicemente, porta la Giustizia dove la Legge non è riuscita ad arrivare – sempre nell'attesa, ormai da quarant'anni, di punire una colpa che gli ha segnato la vita. Walter Andretti è invece un giornalista precipitato dallo Sport, dove si trovava benissimo, alla Cronaca, dove si trova malissimo. Quando il capo gli scarica addosso la copertura di due recenti omicidi, Andretti suo malgrado indaga, e dopo iniziali goffaggini e passi falsi comincia a intuire che in quelle morti c'è qualcosa di strano. Un legame. Forse la stessa mano...


Credo che il migliore dei modi per leggere questo romanzo sia non  pensare che a scriverlo sia stato Antonio Manzini. L'identificazione dell'autore con il personaggio più famoso da lui creato, Rocco Schiavone, è naturale e quasi inevitabile, ma così facendo, aspettandoci sempre qualcosa all'altezza dei romanzi del vicequestore, ci approcceremmo in maniera poco obiettiva. 
Spogliatami quindi da ogni preconcetto (o più semplicemente ho dimenticato di prendere le pillole che tenessero viva la memoria) mi sono approcciata al romanzo. 

Ci troviamo dinanzi a una struttura narrativa su due piani differenti: quello di Carlo Cappai e quello di Walter Andretti.
Il primo, archivista del tribunale ora ed ex poliziotto, che si muove spedito nei meandri fatti di pratiche e faldoni con cui Carlo ci parla o meglio, risponde a una loro richiesta ben precisa: ottenere giustizia.

Questa era la vita di Carlo Cappai. Nessuno lo conosceva per davvero, solitario, grigio e sfuggente, una macchia delebile che il tempo avrebbe pensato a cancellare
Walter invece lo conosceremo attraverso il suo diario iniziato a scrivere nel momento del passaggio, come giornalista, dallo sport alla cronaca. Un cambiamento non richiesto e non bene accettato, ma Walter si troverà subito dinanzi a due casi di omicidi che lo risveglieranno dalla routine delle cronache sportive.

Le strade dei due protagonisti saranno due parallele fino a quando…
Non posso continuare perché rischierei di fare spoiler per cui, passo all'analisi del romanzo.

La penna di Manzini si riconosce per la sua fluidità e per la capacità di portare il lettore nella sfera psicologica dei protagonisti, soprattutto di Carlo direi. È proprio il suo mondo che conosceremo più di quello di Walter. Questo è l'unico elemento che mi fa pensare a una continuazione delle vicende riguardanti il giornalista, ma spero vivamente che la prosecuzione non sia lunga come quella che ha visto Schiavone protagonista anche perché, se così fosse, qualcuno faccia scendere Rocco dall'albero su cui l'ha mandato Manzini!

Andretti lo conosciamo quindi, in maniera più superficiale perché poco ci racconta Manzini.
Questo mi ha portato a credere. soprattutto nella prima parte del romanzo che il protagonista dell'eventuale nuova serie fosse Carlo Cappai, ma poi mi sono dovuta ricredere.
Quello che Manzini ci offre è un giallo non scontato o meglio, a una prima conclusione ci sono arrivata subito, ma avevo il sentore che non potesse concludersi così presto e in maniera così banale e, infatti un piccolo colpo di scena finale per me c'è stato.


Un giallo carico di sete di giustizia, quella "su questa terra", quella che riesce a placare la profonda inquietudine interiore dettata da quella scritta apposta su quel mattone:

Si è sempre responsabili di quello che non si è potuto evitare


Il peso psicologico così forte di una frase che rimbomba in testa ormai da 40 anni viene smorzato dagli sprazzi di ironia di Walter.

La presenza di Cappari risulta quindi potente e preponderante rispetto a quella del giornalista che alla fine lo fa diventare un personaggio secondario e strumentale per sostenere la figura dell'archivista.

Un difetto che non mi consente di dargli il voto massimo, ma nel complesso ritengo che Manzini abbia dato vita a una storia di spessore, che mi ha portato ad affezionarmi più a Carlo che a Walter.



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