Recensione Cento giorni di felicità di Fausto Brizzi - Einaudi

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Cento giorni di felicità * Fausto Brizzi * Einaudi * pagg. 385            








Non a tutti è concesso di sapere in anticipo il giorno della propria morte. Lucio Battistini, quarantenne ex pallanuotista con moglie e due figli piccoli, invece lo conosce esattamente. Anzi, la data l'ha fissata proprio lui, quando ha ricevuto la visita di un ospite inatteso e indesiderato, un cancro al fegato che ha soprannominato, per sdrammatizzare, "l'amico Fritz".

Cento giorni di vita prima del traguardo finale. Cento giorni per lasciare un bel ricordo ai propri figli, giocare con gli amici e, soprattutto, riconquistare il cuore della moglie, ferito da un tradimento inaspettato. Cento giorni per scoprire che la vita è buffa e ti sorprende sempre. Cento giorni nei quali Lucio decide di impegnarsi nella cosa più difficile di tutte: essere felice. Perché, come scriveva Nicolas de Chamfort, "la più perduta delle giornate è quella in cui non si è riso".


La notizia di una sua prossima uscita mi ha spinto a prendere quel libro che mi era stato caldamente consigliato e che, da brava esecutrice avevo prontamente acquistato, ma che da alunna non diligente non avevo ancora letto.

Ho iniziato le prime pagine fornita di fazzolettini, ma devo dire la verità, soprattutto all'inizio trattenevo la risata, perché leggevo in pubblico (mi daranno il premio come migliore mamma dell'anno che legge tra un set e un altro della partita di pallavolo di mia figlia).


Lucio, il nome deriva dalla passione della madre per Battisti, guarda caso fa di cognome Battistini. Lo conosciamo adulto, con la voglia di farci conoscere sé stesso per condividere con lui, gli ultimi cento giorni. Lucio infatti ha fatto da poco conoscenza con il suo amico Fritz, un cancro che lo ha reso consapevole del fatto che non vedrà crescere i propri figli, non potrà accompagnare Eva all'altare e non potrà vedere Lorenzo laurearsi.


Certezze che fanno male più dei dolori addominali che lo costringono a piegarsi e a licenziarsi dal lavoro di personal trainer, ma che di sicuro gli danno la carica per vivere gli ultimi giorni in maniera intensa e facendo ciò che pensava di poter realizzare negli anni a venire.

Occorre concentrare tutto per assaporare la felicità e rimediare a un grande sbaglio.

C'è da vivere ancora con la famiglia e con gli amici, quelli con cui, come in "Amici miei" ci si riunisce in poco tempo alla sola parola d'ordine: "Zingarate!".


Brizzi ci parla di Lucio e della sua voglia di vivere e del modo in cui affronta la convivenza con l'amico Fritz, con una naturalezza che spiazza e che porta a un consumo di Kleenex inaspettato.

Prima però di vivere con lui questo orizzonte temporale definito, ci presenta in maniera dettagliata ed esaustiva ogni attore che vedremo sfilare sulla scena, "Tutti gli ingredienti per assaporare la storia".


E anche quelle puntatine di riflessioni dirette al lettore, con cui sembra leggere nel pensiero, anticipando e annunciando sensazioni, mi hanno fatto avvicinare ancor di più a Lucio e al suo destino con la voglia matta di abbracciarlo e di essere scelta per fare il viaggio con lui in questi cento giorni. Quelli che, pur portando a una meta dolorosa, sono stati quelli più pregni di amore e felicità.

In fondo, quello di Lucio è un viaggio in autobus, l'ultimo su cui fa salire persone scelte, quelle con cui guardare per l'ultima volta gli stessi panorami, raccontare aneddoti sull'inventore per eccellenza, per poi farle riscendere una  a una e rimanere solo alla guida verso la meta.


Con questo romanzo ho conosciuto Brizzi, mi ha fatto piangere e, proprio per questo (ma quanto sono strana) sono desiderosa di leggere altro e, se come me recepite tardi consigli profusi più e più volte, vedete di recuperare il romanzo e tanti, tanti fazzolettini di carta.













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