Recensione Dolce nero di Charmaine Wilkerson - Frassinelli
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Dolce nero * Charmaine Wilkerson * Frassinelli * pagg. 375 |
Byron e Benny, fratello e sorella, non si parlano da anni. A riunirli nella casa di famiglia in California è una triste circostanza: la morte della madre, Eleanor Bennett. La donna ha lasciato ai figli una insolita eredità: un lungo messaggio vocale, che dovranno ascoltare insieme, e un dolce tipico dei Caraibi, da condividere «quando sarà il momento». Il racconto registrato dalla madre è un salto indietro nel tempo: fino agli anni Sessanta, a un'isola caraibica, alla storia di una ragazza risoluta che amava nuotare e osava sfidare le onde più alte del mare. È un intreccio struggente di fughe e nuovi inizi, legami che salvano e abbandoni che spezzano il cuore. È la scoperta di una verità a lungo nascosta che mette in discussione tutto ciò che Byron e Benny credevano di sapere dei loro genitori. Una rivelazione che potrebbe dividerli per sempre. Oppure riavvicinarli e ricreare l'intesa che li univa da bambini, realizzando così l'ultimo desiderio di Eleanor. Dolce nero è un'appassionante saga che attraversa generazioni e continenti per parlarci di identità e radici, di ingiustizie e conquiste, di ricordi che ci definiscono e segreti che ci aiutano a sopravvivere. Un romanzo dolceamaro come la vita, in cui ritroviamo sapori e colori di quel luogo chiamato casa, reale o figurato che sia, da cui spesso fuggiamo ma a cui finiamo per ritornare. Per ritrovarci.
Dolce nero è un romanzo corale.
Tante le voci a cui viene dato spazio, tante le storie che tra loro si incontrano dando vita a uno scorrere di generazioni.
Tutto nasce da una curiosa eredità lasciata da Eleanor Bennett ai suoi due figli, Byron e Benny: una registrazione vocale da ascoltare però, davanti a un dolce da lei preparato, la black cake.
Cosa c'entra un dolce inglese arrivato dai Caraibi grazie ai colonizzatori?
Lo capiranno bene Byron e Benny al termine dell'ascolto del messaggio della loro mamma.
In effetti questo dolce, tra i tanti protagonisti, è IL protagonista.
Dinanzi a esso sfilano dinamiche familiari complesse, piani temporali sfasati, amori, tradimenti, discriminazioni, sacrifici, ingiustizie.
La complicata e lunga preparazione del dolce nero è poi, in fondo, la metafora della vita e, immergendoci nella sua ricetta ed esecuzione lo si comprende appieno.
Il suo colore scuro intenso deriva dall'ingrediente principale: la frutta macerata essiccata.
Prugne, ribes, uvetta e ciliegie glassate vengono tritate finemente e poi lasciate a bagno in vino rosso e rum scuro per mesi e anni. Tipico dolce natalizio, è ricercato anche per i matrimoni.
Solo davanti a un dolce del genere Eleanor poteva rivelare segreti tenuti nascosti, pesi sulla coscienza mai rimossi sacrificando ampi respiri a favore di lunghi affanni.
Byron e Benny se in un primo momento saranno carichi di stupore e rabbia, faranno poi spazio alla razionalità e capiranno.
Ogni tanto doveva pur avere avuto la sensazione che la propria storia e lo sforzo necessario a conservare tanti segreti fossero troppo da sopportare. Quanto, di preciso, aveva tenuto nascosto? E quanto le mancava da rivelare.
Eleanor si apre ai suoi figli così come quando si taglia una torta e la si guarda in un primo momento per vedere se è cotta, poi, assaggiata, la si guarda ancora e la si assapora per capire quali sono gli ingredienti.
Ma ormai, i singoli ingredienti, non ci sono più. Sono una cosa inscindibile.
Così la vita di Eleanor, frutto di macerazione nel dolore, di fusione di amore e sacrificio, potrà essere compresa solo se assaggiata dopo aver conosciuto la sua preparazione ed esecuzione.
Il dolce nero è sempre presente nella vita di Byron e Benny, ma mai compreso a fondo.
Solo ora, dopo la morte della madre capiscono che in realtà la preparazione di quel dolce racchiudeva in sé un incantesimo in grado di far ritornare Eleanor alle sue radici, alla sua amata terra da cui non sarebbe mai voluta andare via.
Ciò che ci racconta la Wilkerson è la vita di Eleanor, ma con essa ci parla di famiglia, di razzismo, di omofobia, di immigrazione, di tradizioni.
Tanto da dirci, ma tutto con una lentezza che non è sinonimo di noia, ma di quella calma, pacatezza, meticolosità necessarie pe la scrittura di un romanzo complesso. Così come la ricetta del black cake.
L'unico neo che mi sento di sottolineare è forse la presenza di pagine che avrei dedicato più all'approfondimento di alcuni aspetti della vita della protagonista principale, che all'analisi di alcuni meccanismi già vagliati.
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