Recensione di Carlo è uscito da solo di Enzo Gianmaria Napolillo - Feltrinelli
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Carlo è uscito da solo * Enzo Gianmaria Napolillo * Feltrinelli * pagg. 248 |
Carlo ha trentatré anni e non esce mai da solo. Non rivolge la parola agli sconosciuti e conta tutto: le briciole sul tavolo, le gocce d'acqua sulla finestra, le stelle in cielo. "Una linea retta è una serie infinita di punti", così gli ha detto anni prima la professoressa delle medie, ma non l'ha avvisato che alcune rette possono essere interrotte. Come la linea rassicurante della sua vita, che un giorno è andata in pezzi e da allora non è più stato possibile aggiustarla. Per questo ora Carlo si circonda di abitudini e di persone fidate: ha costruito un muro tra lui e il mondo esterno. Finché, una mattina, incontra Leda, la nuova ragazza del bar dove fa sempre colazione con il padre, ed è lei a creare una crepa nel muro, a ridargli un raggio di speranza. Nelle loro durezze, nei loro spigoli, riconoscono il reciproco dolore, stringono una tacita alleanza e cercano la forza per affrontare i ricordi e lasciarsi andare. Il racconto di un ragazzo e una ragazza danneggiati dalla vita, la storia tenace di un uomo che non si arrende e di una donna che potrebbe aiutarlo a rinascere, a darsi una possibilità. A uscire da solo, per non essere più solo.
La storia di Carlo ci viene presentata su due linee temporali che agli occhi del lettore si palesano come due entità tra loro strettamente interconnesse. I flashback che ci riportano nel passato di Carlo sono essenziali per comprendere la natura del presente.
Carlo, nelle prime pagine è sostenuto da Anselmo, suo padre che, dopo anni dedicati al lavoro, ora si dona alla sua famiglia e, in particolare al figlio il quale, ogni giorno sembra fare un passo in avanti verso la scalata di un muro innalzato tempo addietro.
Almeno questo è ciò che vede Anselmo. Una speranza quasi sempre affievolita e a volte spenta da Rita, sua moglie che, dopo anni si è arresa ad una triste realtà.
Completa il quadro familiare, Giada, la secondogenita, cresciuta all'ombra del fratello che sembra aver occupato ogni spazio del suo palcoscenico.
La vita di Carlo è fatta per lo più di silenzi interrotti da frasi minime, giusto ciò che basta a non interferire con il conteggio delle goccioline di pioggia sul vetro.
Fino a quando un sorriso fatto di zucchero su una brioche apre un piccolissimo varco nella mente di Carlo. Quel varco si chiama Leda.
Lavora da poco nel bar dove quotidianamente si reca Anselmo con suo figlio.
Carlo ricambia il sorriso, senza accorgersi di essere uscito, per un attimo, dal suo mondo.
Perché vive in un mondo che non è lo stesso vissuto dagli altri?
Lo capiremo, ahimè, grazie ai capitoli e agli intermezzi, costruiti con un tempo verbale differente: deve essere chiaro al lettore dove siamo, non ci si può distrarre e perdere il filo del discorso.
Carlo si definisce un sasso liscio e rotondo e così si presenta a Leda che crede fermamente, invece, che lui non sia una pietra "lavorata dal vento e dall'acqua, da chissà quale forza e da chissà quanto tempo", "ma ciò che di nascosto c'è dentro".
La prosa di Napolillo si presenta lineare e scorrevole per un tema, purtroppo di un'attualità spaventosa.
Un libro che fa sgorgare lacrime, ma anche nutrire profonda rabbia dinanzi all'atroce indifferenza che continua a dilagare e a radicarsi nella società creando solitudine intorno alle vittime di bullismo.
Lo scrittore napoletano ci racconta di ciò, ma anche di come si possa rinascere da un annientamento praticato da coloro che si credono forti.
Un romanzo costruito con personaggi ben delineati, a tutto tondo, che lascia la necessità di riflessioni profonde rispetto alla società, che tocca corde delicate dell'animo umano diventando fortemente doloroso, ma è anche una storia di riscatto per Carlo, ma non per tutti.
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